Fabio Bozza

BOZZ

Biografia

Bozz, all'anagrafe Fabio Bozza, è un'artista autodidatta nato in un paesino del basso Lazio e cresciuto a Roma. Fin dalla tarda adolescenza si dedica alla sperimentazione artistica: prima attraverso la fotografia poi progressivamente accantonata in favore di tecniche artistiche miste in continua sperimentazione, cercando ispirazione per i suoi soggetti nella cultura pop, nella vita quotidiana, nelle icone generazionali anni novanta e duemila. Ambizione principale delle sue opere è quella di riconoscere la preziosità della vita, strapparla alla mediocrità: mischiare la street art con la tecnica dello stencil; decontestualizzare le sue opere, spesso di riferimento anatomico, attraverso intensità coloristiche sature, vibranti, vivaci. Le sue opere vogliono quasi materializzare le preoccupazioni di una intera generazione, traghettandole verso una rinascita attraverso colori, forme ed immagini familiari ed infantili, quasi a ricordare l'età della spensieratezza e l'innocenza.





Intervista all'artista
A CURA DI SARA TAFFONI

Come è iniziato il tuo percorso artistico? 

Mi sono avvicinato all’arte in tenera età: dovendo fare i conti con una forte timidezza ed un carattere schivo ed introverso, spesso mi rifugiavo nel disegno o nella copiatura di fumetti o quadri. 
Poi, durante gli anni del liceo, all'istituto d'arte, ho scoperto la fotografia. Ricordo ancora, al primo anno, un compito assegnatoci dal professore di composizione: scattare e valorizzare le piu semplici superfici materiche attraverso la fotografia. Fu illuminante per me comprendere quanto, anche la cosa più semplice e forse scontata, come un muro o l'asfalto, potesse essere ricco di sfumature attraverso la luce e le ombre. 
Pensavo che la mia esperienza artistica si fosse conclusa con gli anni di scuola ma poi, durante gli ultimi anni, mi sono nuovamente avvicinato ad una sperimentazione artistica attraverso la modellazione di forme con argilla e creta e  all'uso del gesso. 
Ho compreso quanto sia affascinante il processo manuale e la sperimentazione dei materiali. 

Quali sono state le tappe più significative della tua formazione e crescita artistica?

Un passaggio fondamentale è stato sicuramente il liceo. Sono stato fortunato nell'incontrare docenti generosi ed appassionati nel condividere il proprio sapere; mi hanno lasciato importanti insegnamenti sia a livello artistico sia umano. 

Ci sono artisti, movimenti o esperienze che hanno influenzato maggiormente il tuo modo di esprimerti?

Sicuramente sono stato influenzato da artisti come Banksy, Keith Haring e Jean-Michel Basquiat.  Negli ultimi anni dall iperrealismo di Ron Mueck e dalla comunicazione di Jago. 

Al di là di una semplice etichetta, quali sono le idee centrali che danno forma alla tua ricerca?

La mia ricerca artistica si basa sulla commistione di stili grafici diversi tra loro, lasciando che dialoghino in un linguaggio quanto più eterogeneo. 
Esploro la relazione tra la fisicità delle opere e lo spazio urbano, utilizzando il disegno e la materia come strumenti narrativi.

Ci sono temi o elementi specifici che ricorrono nelle tue opere?

Attingo alle mie riflessioni sulla condizione umana: la solitudine, la fragilità; temi a me cari dal punto di visto socio culturale.
Uso le superfici come veicolo comunicativo per rappresentare emozioni spesso difficili per me da verbalizzare.

Come nascono i tuoi progetti? 

 

Il punto di partenza è spesso un’immagine mentale, una visione che mi si fissa nella testa. 

Può essere un'immagine che ho visto per caso o una tematica sociale. 

Da lì inizio a costruire il lavoro, cercando materiali e tecniche che possano restituirne la sensazione.

 


Ti piace sperimentare o preferisci un linguaggio coerente e riconoscibile?


Mi piace molto sperimentare, perché ogni nuova tecnica o materiale mi apre possibilità espressive diverse. Credo che la mia ricerca sia in continua evoluzione e che ogni cambiamento mi aiuti a comprendere meglio ciò che voglio comunicare. Mi piace accostare ciò che a primo impatto potrebbe contrastare e capire, per esempio, come il colore possa dialogare col bianco e il nero, i grigi con il fluo; lo stile di un tattoo old style con il tratto figurativo manga. 



Come gestisci la tensione e l'equilibrio tra la fase creativa ed introspettiva e l’apertura al dialogo con il pubblico?


Per me il momento della creazione è profondamente intimo. È un modo per elaborare emozioni, pensieri o esperienze che fatico a esprimere a parole. Inizialmente il processo creativo nasce come introspezione, un modo per dare forma a qualcosa che sento dentro. Ma nel tempo ho capito che ogni opera è anche una forma di dialogo: quando viene esposta, entra in relazione con lo sguardo ed il vissuto dell’altro. Questo scambio mi arricchisce e spesso mi fa vedere il mio lavoro da prospettive nuove.



C’è un’opera o un progetto che consideri particolarmente importante per la tua carriera? Perché?


Negli ultimi tempi, ho studiato tanto il corpo umano sia maschile che femminile, partendo dalle opere dei più grandi, come Michelangelo, ai più recenti, come Jago. Questo studio mi ha portato a creare una scultura, intitolata "Fragile ". Rappresenta il busto di un uomo, con vistose ferite, rinchiuse nei mattoni.

Anche la testa, realizzata in argilla e poi con la tecnica del calco, è per metà serrata dal cemento e dai mattoni. Credo che quest'opera sia un passaggio importante per il mio percorso artistico perché mi ha fatto capire fino a dove potrei e vorrei spingermi per le opere future.



Quanto conta per te il contesto espositivo o l’ambiente in cui vengono presentate le tue opere?


Per me il contesto espositivo è molto importante. Non vedo le mie opere come oggetti chiusi, ma come presenze che entrano in dialogo con lo spazio e con il pubblico.Tendo a vedere lo spazio come un interlocutore: non lo determino, ma lo ascolto. L’opera nasce da una mia ricerca autonoma ma poi si adatta, si modifica, trova nuove connessioni nel momento in cui viene collocata in uno spazio reale. Quel passaggio è sempre stimolante. Credo che la presentazione delle mie opere in un ambiente espositivo sia parte del percorso artistico stesso e di massima importanza. 


Qual è, secondo te, il ruolo dell’arte nella società contemporanea?


L’arte ha, e deve conservare, il suo potere comunicativo.  Quello per cui ritengo sia nata agli albori dell'umanitá. Veicolare messaggi potenti, esaltare, denunciare, trasmettere una memoria singola e collettiva; l’arte ha ancora la capacità di denunciare, resistere, dare voce a ciò che viene escluso. Anche un’immagine poetica può essere un atto sovversivo. Non serve solo a decorare o intrattenere ma a creare una pausa, una frattura nel rumore ma anche nel silenzio. Può essere uno specchio, una lente o una ferita. Il suo potere è proprio quello di farci vedere diversamente ciò che davamo per scontato.


Come reagisci alle interpretazioni del pubblico: ti piace lasciare libertà di lettura o preferisci guidare la comprensione del tuo lavoro?


Per me è importante lasciare al pubblico la libertà di interpretare il mio lavoro. Credo che ogni persona porti con sé esperienze e sensibilità diverse, e questo arricchisce il senso dell’opera che può così vivere vite diverse.


In che modo la tua esperienza personale influisce sul tuo processo creativo?


La mia esperienza personale ha un ruolo fondamentale nel mio processo creativo, ma non come semplice autobiografia. Le emozioni, i ricordi e le trasformazioni che vivo diventano il punto di partenza per una ricerca più ampia. Attraverso la materia e la forma cerco di restituire sensazioni interiori, rendendole accessibili anche a chi le osserva. Per me creare significa tradurre il vissuto in un linguaggio che possa risuonare anche negli altri.


Stai lavorando a nuovi progetti? Puoi anticiparci qualcosa?


A breve parteciperò ad un festival gotico, una sfida per me, perché è un tema che non ho mai affrontato nelle opere che faccio. Mentre pensavo a cosa realizzare, mi è capitato per caso un disegno semplice  fatto a matita, un fumetto.  Raffigura un uomo con l'acqua alla gola, spaventato ma quasi incapace di gridare. Di grande potenza. È bastata questa immagine per dare forma all'idea del mio nuovo murales. 



Pur riconoscendo che la percezione è soggettiva, qual è l'eco concettuale o emotiva più essenziale che, a tuo avviso, le tue opere dovrebbero generare in chi le osserva?


Il mio desiderio è che chi guarda provi una sensazione di straniamento, per mettere in discussione le proprie certezze e vedere il mondo con occhi nuovi.


OPERE IN ESPOSIZIONE PRESSO LA GALLERIA OMNIART - LATINA




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